Primo articolo della rubrica Sentieri Selvaggi in cui riproduciamo fedelmente le descrizioni dei tre sentieri montani descritti da Emilio Selvaggi su www.terrapontina.it. Cominciamo con la “Via della Legna e del Carbone” o “Anello della Ciana” che per noi mountain bikers è l’anello creato dai trail Poiana e Mammolini. Buona lettura.
La via della legna e del carbone
di Emilio Selvaggi
- Durata: Ore 3. La durata del percorso è calcolata su di un camminatore abbastanza lento, che si prende il tempo che ci vuole per osservare il panorama, per fare foto, prelevare campioni ecc. Le soste per mangiare, per riposarsi ecc. sono facoltative e non rientrano nel calcolo.
- Dislivello: 210 metri. Si parte e si ritorna a quota 316 metri s.l.m., la quota massima si raggiunge a circa metà percorso, presso la Fonte di Santo Stefano, che si trova a 526 metri s.l.m.
- Difficoltà: lievi.
- Marcatura: bianco e arancione. (ndr ormai quasi completamente scomparsa)
- Consigli: Si consiglia di affrontare la prima mezz’ora di percorso (tratto scoperto dalla vegetazione ed esposto a Sud ) quando la temperatura è ancora fresca. Il resto del percorso è poi ombreggiato e poco ripido.
Verso il sentiero
Si può arrivare in prossimità dell’imbocco del sentiero agevolmente in auto, e, abbastanza agevolmente, con un autobus di media grandezza. Si lascia la strada che conduce al cimitero imboccando sulla destra la strada che costeggia il muro di cinta, in direzione La Ciana.
Da questo punto fino all’inizio del sentiero bisogna percorrere in auto 2 Km e 700 m. (900 metri dopo che la strada asfaltata raggiunge l’altezza massima per cominciare a ridiscendere dolcemente). La strada asfaltata continua, ma noi dovremo prendere la seconda strada sterrata sulla destra, all’altezza dell’unico tornante, in prossimità di una grande quercia. Qui si lascia l’auto e si inizia a salire sulla strada sterrata in direzione N E.
Imbocco del sentiero
Ci troviamo a poco più di 300 m. s.l.m. , di fronte a noi c’è il versante meridionale di Monte Giusto (667 m. s.l.m.), piuttosto spoglio per essere stato spesso interessato da incendi negli anni passati. La vegetazione ai lati della strada sterrata è quella tipica della gariga e presenta tra le specie prevalenti: Calicotome villosa (spine sante), Erica multiflora, Mirto comune, Lentisco, Cisto di Montpelier, Timo europeo e… l’onnipresente Ampelodesma.
Dopo qualche centinaio di metri la strada sterrata è sbarrata da un cancello. Sulla sinistra c’è una piccola cisterna rotonda e di fronte, a ridosso della recinzione, sulla destra , in direzione Est inizia il sentiero.
Stato del sentiero
Il sentiero è abbastanza agevole, la pendenza non eccessiva , il fondo è un po’ dissestato per la caduta di alcune pietre in seguito agli incendi e per l’invasione di qualche cespuglio di Ampelodesma. Il ridotto passaggio, ancor più che la mancanza di manutenzione, limitatamente a questo solo tratto, ha fatto degradare a sentiero quella che è stata una comoda mulattiera.
Panorama
Il sentiero procede a mezza costa: sulla sinistra abbiamo Monte Giusto e sulla destra, man mano che si sale, comincia a scoprirsi il mare, oltre la cresta di Monte Croce e di Monte Sant’Angelo.
Dopo una ventina di minuti il sentiero curva leggermente a sinistra, si avvicina al canalone che scende sul lato Est di Monte Giusto e lo attraversa.
Guardando indietro si scopre il promontorio del Circeo, al di là del profilo del Monte Sant’Angelo che si vede in primo piano. Sulla destra, dietro le case della Terracina bassa, si stende la Pianura Pontina. Davanti a noi comincia ad aprirsi progressivamente alla vista la Piana di Fondi (f. 5).
Infine, lo spettacolo sul Lago di Fondi contornato dai monti Aurunci diventa completo dopo mezz’ora di cammino, quando si arriva su un balcone naturale posto a strapiombo sulla Piana.
Inizia il bosco
Il piccolo pianoro a strapiombo, obbliga il sentiero a deviare decisamente a sinistra, in direzione Nord. Notare in questo punto la presenza dell’Erba corsa. Ci troviamo a 414 m. s.l.m., da ora in poi , il sentiero, eccezion fatta che per qualche metro, procede ancor più agevolmente. Il lato a valle è spesso terrazzato da un muro a secco. Le ripidi pendici, fino a Monte Pilucco che abbiamo di fronte, sono ricoperte di verde e dal lato sinistro spesso il sentiero è ombreggiato da corbezzoli, mirto, ginestra maggio: è macchia bassa che si sta riprendendo da vecchi incendi e sta evolvendo verso la macchia alta e la lecceta.
Il paesaggio
Man mano che si procede, specialmente davanti a noi e sulla destra, diventa sempre più spettacolare e naturalisticamente integro.
Il sentiero è diventato mulattiera ben terrazzata verso valle ed ombreggiata dal leccio ormai da anni non più ceduato.
All’ombra del bosco è presente il ciclamino nelle due specie: primaverile (repandum) ed autunnale (neapolitanum).
Carbonaie
A circa un’ora di cammino dall’inizio una serie di slarghi (almeno tre a breve distanza) sul percorso e la colorazione nera del terreno rivelano la collocazione di antiche carbonaie. D’altra parte la ceduazione della lecceta era destinata proprio alla produzione del carbone, avviato a Terracina tramite questa mulattiera che stiamo percorrendo.
Inclinazione degli strati
Sebbene siano pochi, in quest’ultima parte del percorso i tratti in cui affiorano le rocce allo scoperto della vegetazione, tuttavia è possibile vedere come sono inclinati gli strati della roccia calcarea e comprendere come l’acqua piovana tenda a scorrere in direzione del Tirreno. Non per nulla la Pianura Pontina e la Piana di Fondi erano una volta paludi.
Verso la fonte
Dopo un’ora ed un quarto di cammino si raggiunge la recinzione di una “cesa” ora coltivata a frutteto, si costeggia la recinzione e si arriva sulla strada che dalla fonte conduce all’antenna del ripetitore. Ancora dieci minuti e si raggiunge la fonte. In alternativa a questi dieci minuti da percorrere sulla strada si può seguire il sentiero sulla sinistra che si mantiene sul versante nord di Monte Giusto ed aggira la vallata di Santo Stefano dal lato est, fino a raggiungere, comunque, il sentiero in discesa che continuiamo a descrivere più avanti. Si tenga però presente che in questo secondo caso si rinuncia a raggiungere la fonte rimanendo sul sentiero al limitare del bosco.
Fonte Santo Stefano
Qui convergevano, dai diversi punti cardinali, almeno quattro sentieri . Lo speco naturale, che si trova a 526 m. s.l.m., è stato reso più efficiente nei secoli con lo scavo nella roccia di un cunicolo di raccolta e con la costruzione di un abbeveratoio. L’acqua è sempre fresca e potabile anche se ricca di calcio. Quest’acqua, nel corso dei millenni, fu punto di attrazione per cacciatori, raccoglitori, pastori, carbonai e boscaioli che frequentarono i monti circostanti (f. 12).
Il vasto pianoro che si stende un po’ più in basso della fonte è stato generato da due grandi doline che si sono congiunte a formare un 8 irregolare. Questi terreni e quelli dei dintorni furono occupati, già nel secolo scorso da famiglie di Vallecorsani che vi edificarono le prime semplici case in pietra e rustiche capanne. Di quest’ultime esistono ancora tracce limitate ai soli muri a secco perimetrali, sopravvissuti ad un incendio sistematico appiccato dalle truppe tedesche durante un rastrellamento all’inizio del gennaio 1944.
Sulla via del ritorno
Questo percorso che stiamo suggerendo è di tipo circolare perciò per il ritorno percorreremo una via diversa che bisogna andare ad imboccare. Rivolgendo le spalle alla fonte, davanti a noi c’è un vasto pianoro adagiato su due livelli. Il livello più alto è delimitato dai profili discendenti di Monte Giusto e di Monte Concutella. Proprio nel punto in cui formano una sella e chiudono il pianoro (direzione Sud Est rispetto alla fontana), inizia il sentiero in discesa, sulla sinistra.
Verso Mammolini
In meno di mezz’ora saremo in località “Mammolini”, Il sentiero che seguiremo, ombreggiato, è molto largo e comodo. Praticamente è impossibile sbagliare strada. Anche qui si notano gli slarghi delle antiche carbonaie lungo il percorso che attraversa il bosco di leccio ceduato. Quando arriveremo alla “cesa” abbandonata di Mammolini bisognerà fare molta attenzione ai segnali. Il terreno è stato qui in parte sconvolto dal passaggio del gasdotto ed invaso dalla vegetazione pioniera (rovi e calicotome). I terrazzamenti ora abbandonati erano una volta coltivati a grano. Segni dell’antica attività agricola sono ravvisabili nei muri a secco, in un rudere di capanna, in una cisterna ancora in uso ed in un’aia su cui veniva battuto e ventilato il grano.
Verso La Ciana
Abbandonata l’aia, bisogna imboccare il sentiero al di là del muro a secco in direzione Sud. Dopo qualche metro si piega a destra e da questo punto non dovrebbe esserci più pericolo di perderlo. Anche nei punti completamente coperti dalla vegetazione, come in un fitto boschetto di erica e corbezzolo, in caso di indecisione, cercare di tenere la sinistra. Nei tratti scoperti dovrebbero cominciare a riconoscersi le cime dei monti che contornano Terracina: Monte Leano ad Ovest, Monte Sant’Angelo a Sud, al di là di Monte Croce. Il punto di vista è decisamente diverso ma non dovrebbero esserci dubbi (f. 15).
Dopo tre quarti d’ora dalla partenza da Mammolini si giunge di nuovo sulla strada di La Ciana.
Ritorno al punto di partenza
Dobbiamo ora percorrere per circa mezz’ora la strada, andando a sinistra. È questa la prosecuzione della strada che abbiamo percorso in auto per iniziare il percorso. Più avanti essa diventerà asfaltata e sarà facilmente riconoscibile il punto di partenza dove abbiamo lasciato l’auto: tornante, grande quercia, strada sterrata (… sulla destra questa volta!).
Possibili varianti
Una volta diventati pratici del percorso ci si potrà avventurare nelle varianti, come quella che porta ad imboccare il sentiero che parte dalla zona più bassa della Ciana. Esso costeggia il canalone tra le pendici di Monte Sterpano e di Monte Croce.
Questo sentiero conduce in prossimità della grande cava che deturpa lo sfondo della Valle e sbuca sulla strada asfaltata in direzione di Terracina. Si tratta soltanto di aggiungere ancora un’ora all’itinerario fin qui descritto.