Questo percorso ad anello interessa due località tra le più notevoli della zona: la vetta di Monte Romano che con i suoi 863 metri è la più alta nel nostro territorio e Campo Soriano con la Cattedrale e gli altri “hum”. La parte del percorso che attrae maggiormente gli appassionati di all-mountain è sicuramente la seconda ovvero il sentiero che da Monte Romano raggiunge Campo Soriano. Purtroppo dalla pubblicazione originale di Selvaggi il percorso ha subito delle modifiche, in particolare nella prima parte fino alla sella del Monte dell’Acquasanta che ora risulta quasi impercorribile. Come alternativa suggeriamo di raggiungere questo punto utilizzando il percorso ad anello attorno al Monte Acquasanta che parte da Santo Stefano; di quest’ultimo pubblichiamo la traccia gpx fornitaci dal gruppo Svalvolati Into the Wild che ringraziamo.
Attraverso tre comuni e due stati
di Emilio Selvaggi
- Durata: Ore 7. La durata del percorso è calcolata su di un camminatore abbastanza lento, che si prende il tempo che ci vuole ad osservare il panorama,per fare foto, per prelevare campioni ecc. Le soste per mangiare, per riposarsi ecc. sono facoltative e non rientrano nel calcolo.
- Dislivello: m 537. (Calcolando che si parte da quota m200 s.l.m., a Valle Fasana e che si raggiunge la quota massima di m. 737, in comune di Sonnino.
- Difficoltà medie, soprattutto se si tiene conto della lunghezza del percorso.
- Distanza: 16km circa.
- Marcatura: giallo e blu.
- Consigli: La zona in cui è più difficile seguire il sentiero è sempre dopo una radura o una pietraia, dove un tracciato sembra uguale all’altro. Vale la pena in questi casi, perdere qualche minuto per trovare la giusta direzione. (Nel testo, “destra e sinistra”, si intendono: “rispetto alla direzione di marcia”, se non viene espressamente indicato di voltarsi indietro).
Verso l’inizio del percorso
In fondo alla “Valle” di Terracina, molte strade conducono verso il “Ponte di Ferro”, ma, dopo questa località una sola strada sale in direzione dei “Casaletti” e “Campo Soriano”. La strada provinciale è asfaltata ed agevolmente percorribile anche da un pullman di media grandezza.
Arrivati al bivio che sale verso Santo Stefano, conviene trovare uno slargo lungo la strada che va verso Campo Soriano, perché è da lì che ritorneremo al termine del percorso circolare (ogni metro in più fatto ora, per parcheggiare l’auto in direzione di Campo Soriano, sarà al ritorno un metro in meno da percorrere a piedi sull’asfalto).
Imboccate il bivio in direzione di Santo Stefano, dopo un paio di centinaia di metri, si trova sulla sinistra una strada carrabile in terra battuta, chiusa da una sbarra. La sbarra non impedisce l’accesso a chi va a piedi: è qui che inizia il nostro percorso (Foto 1).
La “casettòla” che scompare
La strada in terra battuta sale lievemente, tenendosi a mezza costa, sul versante Ovest del Monte dell’Acquasanta, un po’ più in alto della “Comunità Incontro” (Foto. 2) All’inizio, la strada carrabile attraversa la macchia alta (lecci, roverelle, aceri, ornielli, biancospini), poi si incontrano terreni coltivati a vite e ad olivi.
Fare attenzione che, dopo un quarto d’ora di marcia, la strada arriva ad un bivio: continuando diritto, in direzione Nord, si va a finire in un oliveto privato. Bisogna invece seguire il tracciato della strada in salita che effettua un tornante in direzione NE. Subito dopo si potrà riprendere la direzione Nord su un vero e proprio sentiero tra le ginestre.
Si potrà tenere, per un po’ di tempo, come punto di riferimento una casetta isolata (“la Casettòla”) che si trova davanti a noi , un po’ in alto sulla destra; ma non meravigliarsi più di tanto, se arrivati nelle sue prossimità essa non sarà più visibile dal sentiero.
Prendiamo adesso a riferimento un gruppetto di alberi alti (lecci, roverelle, olmo): è lì che bisogna individuare la prosecuzione del sentiero che riparte alla sinistra degli alberi. (Dall’inizio sarà trascorsa circa una mezz’ora).
Sulla cresta del primo confine
Il sentiero procede un po’ a zigzag, ma complessivamente in direzione Nord. Vale la pena, ogni tanto di girarsi indietro e guardare verso Sud: si vedrà d’infilata l’intera Valle Fasana, fino al mare: sulla destra il ventaglio dei monti si apre mostrando le cime di: Romanelli (m. 385), Pannozzo (m. 588), Leano (m. 676). Cavallo Bianco (m. 532), Romano (m.863).
Attraversiamo ora una vegetazione bassa, degradata a gariga dagli incendi (erica multiflora, cisto, calicotome, ampelodesma, timo e qualche ceppaia di corbezzolo.
I venti minuti impiegati a percorrere questo tratto saranno ampiamente ripagati dal panorama mozzafiato che si godrà dalla cresta (m.525 s.l.m.).
Qui, sullo spartiacque della sella formata dall’incontro dei monti dell’Acquasanta e Leano, passa il confine tra i comuni di Terracina e Monte San Biagio, già confine tra lo Stato Pontificio ed il Regno di Napoli. Ai nostri piedi si spalanca Valle Marina , attraversata in tutta la sua lunghezza dalla ferrovia che va ad infilarsi sotto la galleria di Mont’Orso in direzione NO, mentre in direzione SE si apre alla Piana si Fondi, a Sperlonga, al mare. In alto, l’intero arco degli Ausoni prosegue negli Aurunci (Foto 3 -6).
(Dalla “casettòla”, che non abbiamo più visto, alla cresta abbiamo impiegato circa 20 minuti).
Verso il valico delle carbonaie
Dopo una doverosa piccola sosta per ammirare il panorama, bisogna rintracciare il sentiero sulla pietraia di vetta. Guardiamo verso NO la cima di Monte Romano: il confine passa sulla cresta più alta di circa 60 metri rispetto al punto dove siamo, prima di formare una seconda sella con Monte Romano (Foto 4). ‘E lì che il sentiero passa sull’altro versante ed entra in quello che era il Regno di Napoli.
Per il momento ci terremo ancora in comune di Terracina, senza perdere di vista Valle Fasana (Foto. 5 – 7), sempre continuando a salire a mezza costa. Come punto di riferimento potremo prendere una piccola sughera e, quando arriveremo nei suoi pressi, prenderemo il sentiero in salita, sulla destra. Dopo un quarto d’ora si giunge in una zona boscata di lecci e lentischi, ed in radure usate come carbonaie. Qui la vegetazione forma delle isole verdi, intorno alle quali si gira e ci si rincontra se si è imboccata una via diversa (Foto 8). Si tenga presente che bisogna guadagnare il fianco di Monte Romano che si affaccia su Valle Marina è lì che continua il sentiero, in direzione NO.
(Dalla cresta del “primo confine” al “confine delle carbonaie” sarà trascorsa circa una mezz’ora.)
Attraverso in Regno di Napoli
Il Comune di Monte San Biagio, come quello di Terracina e di Sonnino, ha posto uno dei punti di confine del suo territorio sulla vetta di Monte Romano di cui ne possiede uno spicchio di circa 90 gradi.
All’altezza in cui ci troviamo (m. 583 s.l.m), il sentiero, dopo aver screstato (Foto 9), continua a salire fino a quota 737; esso è abbastanza rettilineo, ben terrazzato ed agevole (Foto 10), costituisce, a mezza costa, la base lunga un chilometro al triangolo di territorio appartenente a Monte San Biagio, triangolo che ha il suo vertice nella vetta di Monte Romano.
Cogliamo qui l’occasione per ricordare come, in tempo di brigantaggio, personaggi ben più frettolosi di noi, in meno di un quarto d’ora, potevano uscire dallo Stato Pontificio, attraversare il Regno di Napoli e rientrare di nuovo nello Stato Pontificio, sottraendosi così a qualunque inseguimento.
Questo chilometro di sentiero in comune di Monte San Biagio consente una visione spettacolare su Valle Marina e sulle cime più alte degli Ausoni: si percorre una lecceta matricinata di recente (Foto 11).
Si faccia attenzione, a metà sentiero (Foto 12), ad un cavo d’acciaio teso, che funge da teleferica per il trasporto del legname verso la parte più interna di Valle Marina. Dopo una ventina di minuti si arriverà su una nuova cresta , in comune di Sonnino, e da lì si scoprirà il terzo versante che si apre sulla Pianura Pontina e sulla catena dei Lepini (Foto 13).
Cippo di confine e cisterna coperta
Da questo punto, cominciando a discendere e sempre seguendo la marcatura giallo e blu, dopo una decina di minuti si arriva ad un cippo di confine che reca scolpito, da una parte il giglio borbonico e dall’altra le chiavi pontificie (Foto 14). Piegando a sinistra si incontrerà immediatamente una cisterna coperta, probabile opera dei monaci di Fossanova, (Foto 15). Dopo una decina di minuti si arriva ad un grande “stazzo” abbandonato.
Lo “stazzo” abbandonato
Il bosco davanti a noi è abbastanza rado e, come quasi sempre accade in questi casi, i sentieri si moltiplicano. Attenzione a non lasciarsi fuorviare dalle marcature bianche e rosse verticali che si possono incontrare se si fa il giro un po’ troppo largo (con quei segni si indica un sentiero da e per altre destinazioni). Noi dobbiamo scendere sulla sinistra, in direzione Ovest, senza abbandonare il versante di Monte Romano.
Dopo meno di mezz’ora ci si troverà su degli ampi pascoli (Foto 16) e, tra essi si noterà un recinto in pietra di uno “stazzo” per il ricovero del bestiame; inglobato nel suo perimetro c’è la struttura di una capanna circolare che da al complesso l’aspetto di una fortificazione (Foto 17).
La Ripa di Cascano
Dallo stazzo si procede sulla sinistra e, sul limitare dei boschi che rivestono Monte Romano, si incontrerà una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana ed anche l’ampio sentiero che aggira Monte Romano, dapprima in direzione Ovest, poi, sempre più verso Sud.
Man mano che si procede, appaiono: La Semprevisa (Foto 18) Priverno, Monte Pecorone, la Pianura Pontina ed il promontorio del Circeo (Foto 19). Verso Sud il mare si vede inquadrato tra le cime di Monte Pannozzo e di Monte Leano (Foto 20). Finalmente ai nostri piedi si apre la valle di Campo Soriano (Foto 20). In poco più di un’ora saremo alla Ripa, sulla strada carrabile.
Si faccia attenzione a metà di questo tratto di percorso, non bisogna procedere troppo avanti sul versante esposto a Sud di Monte Romano, si rischia di incontrare calanchi, tra gli enormi pietroni del campo carsico. Il nostro sentiero, invece, nell’ultima metà del percorso scende a zigzag, con frequenti cambiamenti di direzione.
La “Ripa”
Il piccolo nucleo di abitazioni in pietra locale e malta rosata è quanto rimane di un discreto insediamento della fine del secolo scorso ed ora quasi completamente abbandonato (Foto 21) Tutto intorno i terreni disboscati erano , e sono ancora, piantati a vite e ad ulivi, meravigliosamente integrati con il paesaggio caratterizzato dai grandi massi del campo carsico. I terreni più aperti erano una volta destinati ai seminativi e al lino. Le strutture ben inserite nell’ambiente testimoniano l’autosufficienza e la dignitosa essenzialità di vita delle generazioni che ci hanno preceduto.
(Dalla “Ripa” al bivio di Santo Stefano, presso cui abbiamo iniziato il percorso, circa 45 minuti su strada asfaltata).
Il campo carsico di Campo Soriano
Questo è uno dei pochi punti dell’intero bacino del Mediterraneo in cui la successione dei fenomeni tettonici, idrologici, carsici si presenta più leggibile e spettacolare.
Le quattro fasi che hanno generato il “polje”, le doline, gli inghiottitoi, gli “hum”(tra cui il più conosciuto, denominato “Rava di San Domenico”), e tutti gli altri aspetti del campo carsico, meritano una visita più specifica ed approfondita di quella che l’escursionista è disposto a dedicare ora a questa località, dopo una lunga passeggiata.